Onorevoli Colleghi! - Per effetto della posizione di maggiore centralità assunta dalla comunità dei cittadini nel sistema, quale scaturito dalla legislazione di riforma della pubblica amministrazione, si è affermata la consapevolezza che il pregiudizio patrimoniale subìto dall'erario, più che in una vicenda privata fra l'agente pubblico e l'amministrazione danneggiata, si risolve in una lesione degli interessi della collettività e in una violazione dell'ordine sociale, che prospetta un rapporto assai prossimo a quello fra reato e ordinamento.
      In ragione di questa mutata prospettiva anche l'istituto della responsabilità amministrativa e contabile è stato profondamente innovato in senso più dinamico e attuale e, comunque, più conforme a princìpi di avanzata civiltà giuridica, attraverso un iter normativo iniziato con la legge 8 giugno 1990, n. 142, sull'ordinamento delle autonomie locali, proseguito con l'emanazione del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito con modificazioni, dalla legge l4 gennaio 1994, n. 19, (che ha istituito, tra l'altro, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti), della legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e di azione di responsabilità, e concluso con il decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, di modifica e di integrazione delle citate normative del 1994.
      I provvedimenti legislativi, fin qui indicati, hanno impresso all'istituto una configurazione affatto moderna e più coerente con i nuovi assetti impressi dal processo riformatore della pubblica amministrazione sviluppatosi lungo tutto il corso del

 

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passato decennio, anche a seguito delle modifiche introdotte, da ultimo con il citato decreto-legge n. 543 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 639 del 1996, che sono state rivolte tendenzialmente verso una più accentuata personalizzazione della responsabilità erariale.
      Com'è noto, le modifiche di maggiore rilievo riguardano:

          a) sotto il profilo soggettivo o psicologico, la limitazione della responsabilità ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave. Si tratta di una limitazione che, come ha sostenuto la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul punto, tiene conto dell'esigenza di predisporre un assetto normativo in cui il timore delle responsabilità non esponga all'eventualità di rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell'attività amministrativa, in quanto il legislatore nella combinazione di elementi restitutori e di deterrenza, ha inteso determinare quanto del rischio dell'attività debba restare a carico dell'apparato e quanto a carico del dipendente (Sentenza n. 371 del 1998);

          b) la responsabilità erariale è personale e il relativo debito si trasmette agli eredi solo nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi;

          c) le scelte discrezionali degli organi di governo e di amministrazione sono insindacabili nel merito;

          d) nella quantificazione del danno deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione o dalla comunità amministrata;

          e) nel caso di deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole;

          f) la responsabilità non è ascrivibile agli organi politici che in buona fede hanno approvato atti redatti da organi tecnici e amministrativi;

          g) viene escluso il vincolo di solidarietà tra i soggetti che hanno concorso alla determinazione del danno, salvo i casi di illecito arricchimento;

          h) il diritto al risarcimento del danno e, quindi, l'azione risarcitoria del pubblico ministero erariale si prescrivono in cinque anni dall'evento dannoso.

      Il progredire delle misure di revisione istituzionale e amministrativa e, in parallelo, la nuova conformazione della responsabilità patrimoniale, hanno posto il problema della definizione dei limiti esterni della giurisdizione erariale, anche per effetto dell'adeguamento della finanza pubblica a sistemi gestionali di tipo manageriale e dell'adozione da parte dell'amministrazione di forme e di moduli operativi di tipo prettamente privatistico e, come tali, non più perfettamente inquadrabili nell'ambito dei princìpi ormai consolidati, con riguardo ai presupposti di individuazione e di riparto della giurisdizione.
      A fronte di una realtà amministrativa nell'ambito della quale operano, accanto a organi della pubblica amministrazione in senso tradizionale, organismi sia sostanzialmente che formalmente privati, sono praticamente saltati princìpi e schemi interpretativi sui quali la giurisprudenza della Corte di cassazione, e della stessa Corte dei conti, persisteva nel radicare la giurisdizione della responsabilità amministrativo-contabile.
      La svolta è intervenuta a opera dello stesso legislatore con la legge n. 97 del 2001 che, ai fini dell'individuazione dei soggetti nei confronti dei quali si esercita l'azione di responsabilità, ha fatto riferimento (articolo 3, comma 1) ai dipendenti «di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica», intendendo comprendere, con questa espressione, sia gli enti pubblici economici, sia le società per azioni a prevalente capitale pubblico. Nello stesso anno, la giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione ha fatto registrare una significativa apertura, recependo i princìpi enunciati, fin dal 1993, dalla Corte costituzionale

 

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(sentenza n. 466 del 1993), riguardo alle attribuzioni sia di controllo che giurisdizionali della Corte dei conti nei confronti delle società derivate da enti e amministrazioni, ma operanti nella sfera della finanza pubblica.
      Ma è l'ordinanza n. 19667 del 2003 che segna la netta inversione di rotta dell'orientamento in materia della Suprema Corte, là dove enuncia il principio basilare per il quale la giurisdizione della Corte dei conti si radica in ogni ipotesi di danno al patrimonio pubblico e non nel sistema ordinamentale (pubblico o privato) nel quale si colloca l'attività causativa del danno stesso.
      L'ordinanza in esame ha risolto la vexata quaestio del raccordo e dell'armonizzazione della giurisdizione di responsabilità con i nuovi assetti organizzativi e funzionali della pubblica amministrazione e, allo stesso tempo, della sua collocazione nello scenario ampio e diversificato configurato dalla legislazione intervenuta lungo tutto l'arco del passato decennio.
      In presenza di questa svolta epocale nell'assetto oggettivo dell'attività volta al soddisfacimento dei bisogni collettivi è emerso il gravissimo problema, più che di ripartizione della giurisdizione, della copertura giudiziaria di vaste aree della gestione pubblica, rimaste in pratica prive di questa forma di sindacato, per la difficoltà obiettiva di attivare i necessari strumenti di tutela a fronte dei danni erariali, anche rilevantissimi, e delle relative responsabilità di amministratori e funzionari di enti pubblici economici o di organismi privati di mano pubblica.
      Con la citata ordinanza n. 19667 del 2003, le sezioni unite della Cassazione, in una combinazione di princìpi ermeneutici e di valutazioni empiriche, hanno quindi:

          a) riconosciuto che l'evoluzione del processo di privatizzazione ha reso labile la distinzione tra enti pubblici non economici ed enti pubblici economici;

          b) affermato che l'espansione della sfera di competenza giurisdizionale della Corte dei conti, attuata dalle leggi degli anni '90 nella materia, non è stata incisa dal processo di privatizzazione dell'amministrazione pubblica, anche in considerazione dell'ampia formulazione dell'articolo 1, comma 4, della legge n. 20 del 1994;

          c) individuato il discrimen di riparto tra le giurisdizioni ordinaria e contabile unicamente nella qualità del soggetto passivo e, pertanto, nella natura - pubblica o privata - delle risorse finanziarie di cui esso si avvale.

      Nel 2006, la giurisprudenza della Suprema Corte ha compiuto un ulteriore passo avanti affermando la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti di società privata che abbia beneficiato di fondi pubblici nazionali e comunitari (sezioni unite ordinanza n. 4511 del 2006) e dei soggetti, altrimenti estranei all'amministrazione, che hanno il compito di porre in essere in sua vece un'attività.
      Il riassetto della materia della responsabilità erariale, in termini più adeguati alle esigenze di tutela del patrimonio pubblico, ha accentuato lo scollamento tra la disciplina di diritto sostanziale e l'attuale sistema processuale contabile, manifestamente anacronistico, in quanto tuttora disciplinato dal testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, di cui al regio decreto n. 1214 del 1934 e dal regolamento di procedura, di cui al regio decreto n. 1038 del 1933.
      Soltanto nella materia pensionistica la nuova disciplina del processo amministrativo, recata dalla legge n. 205 del 2000, ha interessato anche la giurisdizione della Corte dei conti, avendo dettato, sebbene in modo non adeguatamente coordinato ed esaustivo, norme di snellimento e di semplificazione in materia di giudizi pensionistici civili, militari e di guerra, la più significativa delle quali è quella che ha previsto l'istituzione del giudice unico in primo grado.
      La revisione del citato regolamento di procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti è dettata, dunque, dalla necessità, da un lato, di ripristinare il rapporto di stretta connessione che deve sussistere tra gli istituti di diritto sostanziale e gli strumenti

 

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processuali con i quali i relativi rapporti vengono regolati, dall'altro, di adeguare gli strumenti stessi al cosiddetto «giusto processo», introdotto in Costituzione dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, di modifica del testo dell'articolo 111, che, nell'attribuire dignità costituzionale alle regole poste dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, (articolo 6, paragrafo 1), a suo tempo, recepite solo con legge ordinaria, ha indubbiamente conformato l'ordinamento a princìpi giuridicamente più evoluti.
      Il nuovo codice di procedura dovrà tenere conto della natura del processo di responsabilità amministrativa che pur rivestendo, come è stato osservato, i caratteri formali e sostanziali del rito civile, presenta tuttavia una sua propria peculiarità, in considerazione:

          a) della distinzione tra la titolarità del diritto sostanziale (amministrazione) e la titolarità del potere d'azione (procuratore della Corte dei conti);

          b) dell'obbligatorietà dell'azione risarcitoria con esclusione, quindi, della possibilità di rinunciare al diritto al risarcimento e di farne oggetto di transazione;

          c) del potere assegnato al giudice di ridurre l'addebito.

      Si tratta evidentemente di elementi, quelli appena accennati, che segnano la differenza, e in misura accentuata, tra il giudizio di responsabilità amministrativa e l'ordinario giudizio civile, ma che non sono tuttavia tali da incidere sui lineamenti sostanziali dell'istituto che, nella sua configurazione di diritto positivo, partecipa della natura concettuale e giuridica della responsabilità civile, in quanto ripete, quasi pedissequamente, lo schema risarcitorio-patrimoniale civilistico, nel duplice versante della responsabilità contrattuale e di quella extracontrattuale. Gli scostamenti, che pure si rilevano, attengono non all'essenza dei due istituti, la cui radice è comune, ma al loro «trattamento» normativo, alla loro disciplina che «deve» essere differenziata, a ragione dei diversi ambiti, l'uno privato l'altro pubblico, nei quali operano.
      Alla stregua di questa impostazione ermeneutica, che è certamente la sola desumibile dal quadro legislativo vigente e la sola coerente con i princìpi interpretativi enunciati dal Giudice delle leggi (Corte costituzionale sentenza n. 383 del 1992), il processo di responsabilità amministrativa, in ragione della specialità dei rapporti e della qualità pubblica degli interessi dedotti, partecipa della natura del rito civile, ma anche di quello penale sia sotto il profilo sostanziale (schema risarcitorio-patrimoniale civilistico, natura pubblica del bene oggetto della lesione), sia sotto il profilo formale (natura pubblica del titolare dell'azione risarcitoria, intervento dello stesso pubblico ministero nel giudizio).
      In quest'ottica, la presente proposta di legge prevede nelle sue linee essenziali:

          a) la semplificazione e lo snellimento dei giudizi di responsabilità, di conto e pensionistici, per contenerne la durata nei termini ragionevoli stabiliti dall'articolo 6, paragrafo 1, della citata Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (legge 24 marzo 2001, n. 89, articoli 2 e seguenti);

          b) l'adeguamento del processo ai princìpi costituzionali del giusto processo (articolo 111 della Costituzione), con riguardo all'effettiva parità nel giudizio delle parti;

          c) una più puntuale disciplina della competenza territoriale delle sezioni regionali che, coerentemente con l'assetto decentrato delle strutture giudiziarie contabili nel territorio della Repubblica, sia individuata sulla base di criteri obiettivi, nel rispetto del principio costituzionale (articolo 25 della Costituzione) del giudice naturale e dei princìpi affermati dalla Corte di cassazione che, in tema di riparto, radica la giurisdizione contabile nella sola natura pubblica del bene (in luogo della

 

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qualità pubblica sia del bene oggetto della lesione che del soggetto autore del danno erariale);

          d) il riordino della disciplina delle impugnazioni con la previsione del ricorso avverso le sentenze pronunciate in grado di appello alle sezioni riunite, costituite da magistrati di comprovate capacità ed esperienza professionali, per l'esigenza di potenziare la funzione nomofilattica, finora prevista soltanto per le decisioni, rimesse alle sezioni medesime, sui conflitti di competenza e sulle questioni di massima;

          e) il rafforzamento dei poteri istruttori del pubblico ministero contabile, con l'istituzione presso lo stesso organo di una sezione di polizia erariale e l'affidamento di consulenze tecniche d'ufficio, nonché la previsione del potere dello stesso pubblico ministero di interrompere la prescrizione della pretesa al risarcimento del danno, mediante atti di costituzione in mora;

          f) il rafforzamento, ferma restando la segretezza delle indagini, delle garanzie del contraddittorio nella fase preprocessuale, con riguardo alla facoltà dell'indagato di accedere, dopo la formulazione al termine dell'istruttoria dell'invito a dedurre, al fascicolo del pubblico ministero e al diritto di farsi assistere da un legale nel caso di audizione;

          g) il riordino e la migliore puntualizzazione della disciplina (recata dall'articolo 1, comma 174, della legge 23 dicembre 2005, n. 266) delle azioni rimesse al pubblico ministero per la tutela delle ragioni del creditore, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al codice civile;

          h) la previsione di un controllo del giudice sui provvedimenti di archiviazione della notizia di danno, nell'ipotesi di opposizione da parte dei soggetti danneggiati ai quali deve essere previamente data comunicazione dell'intervenuta archiviazione del procedimento;

          i) la disciplina dei casi nei quali può essere esercitato il potere riduttivo dell'addebito, escludendone l'applicabilità a fatti dolosi o comportanti l'illecito arricchimento;

          l) la modifica della disciplina del regolamento per la semplificazione dei procedimenti di esecuzione delle decisioni di condanna e risarcimento di danno erariale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 260, con espressa regolamentazione dei poteri e dei doveri delle amministrazioni interessate, nelle procedure di recupero dei crediti da sentenza, e dei poteri di vigilanza del pubblico ministero sull'esecuzione delle sentenze di condanna, ivi compresi quello di intervenire, in caso di ritardi o di omissioni, nei confronti delle amministrazioni stesse e di promuovere idonei provvedimenti sostitutivi, con previsione anche della confisca contabile a favore del soggetto danneggiato.

 

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